I giovani via dalla Puglia perché costretti e non per libera scelta

Salari bassi anche per figure specializzate, servizi per il diritto allo studio carenti

mercoledì 30 agosto 2017 9.59
L'esodo dei giovani dalla Puglia: una situazione che deve far riflettere le istituzioni in merito allo scarso scenario occupazionale nella nostra regione. Significativo è, in questo senso, l'intervento di Maria Giorgia Vulcano, responsabile Dipartimento Politiche Giovanili Cgil Puglia: «Ai 20 mila ragazzi sotto i 30 anni che hanno lasciato la Puglia negli ultimi dieci anni si sommano il 39% degli studenti universitari ufficialmente ancora qui residenti ma che vivono e frequentano un ateneo di altra regione. Parliamo di circa 50mila ragazzi e ragazze su di una popolazione universitaria pugliese di 128 mila unità. Numeri questi che posizionano Puglia al secondo posto dopo la Sicilia nella classifica delle migrazioni per motivi di studio.

Attorno al tema si è innescato un dibattito - alimentato da rappresentanti istituzionali e politici - che sta interessando in maniera non solo parziale il fenomeno della cosiddetta fuga dei cervelli, ma anche strumentale in materia di responsabilità politica. Ma a questi già numeri se ne aggiungono di drammatici andando ad analizzare nello specifico altri due fattori: i corsi di studio in relazione al tessuto produttivo e quelli legati al tema dell'innovazione.

In Puglia, dopo tre anni dal titolo di dottore in agraria o scienze dell'alimentazione, lavora solo il 65% dei laureati, con uno stipendio di 1.219 euro per gli uomini, e di 946 euro per le donne. Situazione che non cambia di molto rispetto ai corsi di studio relativi al tema dell'innovazione, vale a dire chimica, farmacia o biotecnolgie. I fortunati laureati che si sistemano dopo tre anni dalla fine degli studi, sono solo il 69%: gli uomini con uno stipendio di 1.300 euro, le donne guadagnando invece 1.153.

Si tratta di percentuali troppo basse per quello che è lo scenario occupazionale della Puglia, in cui il 51,3% dei giovani under 24 risulta essere disoccupato. A ciò va fatta una riflessione sulla insufficiente retribuzione a fronte del carattere altamente specializzato del lavoratore assunto e una considerazione anche sul gap salariale di genere che rappresenta un'ulteriore fonte di produzione di diseguaglianze in un contesto economico e sociale in sofferenza, come è quello del Mezzogiorno.

Un grande assente in tutto il dibattito, che i dati dell'Istat rilanciati dalla Cgil Puglia ha generato, è il tema dei bisogni materiali dei giovani della nostra regione. La mobilità è un valore aggiunto ma solo a precise condizioni. Non lo è di certo se il giovane è costretto a trasferirsi altrove perché è l'unica chance che ha per accedere ad un sistema di diritto allo studio che gli garantisca una borsa di studio o un alloggio in uno studentato pubblico.

La mobilità non è un valore aggiunto se andarsene è una scelta obbligata, o è una scelta che spetta solo a quanti possono permetterselo perché sostenuti economicamente dai genitori. Pertanto vanno rimossi gli ostacoli materiali cui fa riferimento anche il dettato Costituzionale, altrimenti non riusciremo a soddisfare l'obiettivo europeo del 40% di laureati tra i 30 ed i 34 anni, classifica che ci vede, peraltro, al penultimo posto con 26,2 punti percentuali, seguiti solo dalla Romania (25,6%).

Per questa ragione, un rinnovato rapporto fra mondo della ricerca e mondo del lavoro rappresenta uno degli assi portanti della nostro Piano Straordinario per l'occupazione giovanile, proposta nazionale della Cgil che punta complessivamente alla creazione di 600mila assunzioni e il cui costo si attesterebbe intorno ai 10 miliardi di euro. Il Piano prevede l'assunzione a tempo indeterminato di 200mila ricercatori, con un'attenzione particolare all'ambito delle energie rinnovabili e della sostenibilità ambientale; 300mila contratti straordinari 3anni+3, per prevenzione antisismica, manutenzione del territorio e bonifiche, ristrutturazione abitazioni, educazione permanente, strutture sociali per infanzia e anziani; 100mila contratti triennali nel settore dei beni culturali ed archeologici e del suo sviluppo tecnologico, diffusione della cultura digitale, corsi di lingua italiana per migranti; 60mila occupati in nuove cooperative giovanili e femminili, per agricoltura biologica, agriturismo, produzione culturale, tutela del territorio e della forestazione; 20mila occupati in nuove imprese giovanili, per risparmio ed efficienza energetica, creazione dispositivi tecnologici per il territorio, housing sociale.

A differenza di quanto fatto con il Jobs Act, il cui costo solo per il 2017 ammonta a 7,8 miliardi, la Cgil punta alla creazione diretta di lavoro (520 mila posti pubblici e 80 mila privati), dalla quale dipenderebbe un incremento degli occupati di circa 1 milione 368 mila unità, il tasso di disoccupazione scenderebbe al 4,8%, mentre il Pil reale salirebbe al 5,7% e gli investimenti pubblici e privati crescerebbero del 19%.

Dopo quasi dieci anni di crisi economico-finanziaria, occorre ridare fiato e prospettive al Mezzogiorno ed ai suoi giovani. 130 milioni di euro le risorse utilizzate dal programma "Garanzia Giovani" in Puglia grazie a cui su 65.322 giovani che hanno sottoscritto il patto di servizio con i servizi pubblici alle imprese o hanno scelto i privati tramite le Ats (imprese ed enti di formazione), 14.896 risultano occupati. Di questi ultimi 4922 assunzioni sono direttamente incentivate con il bonus che il programma garantisce. Per orientare al meglio la seconda edizione che prevede lo stanziamento di circa 100 milioni di euro, dobbiamo chiedere e pretendere di conoscere bene il tipo di lavoro che si è generato e intervenire per orientare al meglio questa nuova fase.

La Cgil Puglia a fine mese lancerà una campagna di informazione destinata ai giovani affinché chiunque possa conoscere i propri diritti, affrancandosi da violazioni e sfruttamento».