febbraio la strage delle Foibe inizi anni fa
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Vita di città

Foibe, il Giorno del Ricordo celebrato dai giovani

Ecco le iniziative a Trinitapoli

Il Giorno del Ricordo sarà vissuto tra le scolaresche e tra i giovani, all'insegna della conoscenza e della formazione valoriale: alle 11 il corteo ed i saluti istituzionali, nel pomeriggio le letture in biblioteca. Così anche quest'anno il sindaco Francesco di Feo, il presidente del Consiglio comunale Nicoletta Ortix e l'assessore alla Cultura Marta Patruno celebreranno il 10 febbraio con le comunità scolastiche dell'istituto superiore "Staffa", del comprensivo "Garibaldi-Leone" e del circolo didattico "Don Lorenzo Milani".

LE CELEBRAZIONI | Domani alle 11 un corteo partirà da Viale Cappuccini fino a via Isonzo: il sindaco Francesco di Feo saluterà quindi le scolaresche di Trinitapoli. Alle 17.30, "Leggere le Foibe" presso la biblioteca comunale "Monsignor Vincenzo Morra": gli animatori della cooperativa Lilith Med 2000 leggeranno e commenteranno brani a tema, con bambini fino a 10 anni.

PERCHÈ IL 10 FEBBRAIO | Istituito solo di recente (legge 92 del 30 marzo 2004), il Giorno del Ricordo si celebra il 10 febbraio, per «conservare e rinnovare la memoria della tragedia degli italiani e di tutte le vittime delle foibe, dell'esodo dalle loro terre degli istriani, fiumani e dalmati nel secondo dopoguerra e della più complessa vicenda del confine orientale». Il 10 febbraio 1947, 2 anni dopo la fine della Seconda Guerra mondiale, fu firmato il trattato di pace di Parigi, che assegnava l'Istria e buona parte della Venezia Giulia alla Jugoslavia comunista.

PULIZIA ETNICA ANTITALIANA | Dal 2012 a Trinitapoli una targa voluta dalla Giovane Italia in Via Isonzo ricorda la pulizia etnica operata dalle truppe del maresciallo Tito nei territori irredenti, quando, con odio antitaliano, furono gettati nelle foibe (voragini carsiche) migliaia di italiani, colpevoli solo di trovarsi dal lato sbagliato del confine: nella loro terra non più italiana. Venivano spogliati e legati in fila con filo spinato, quindi l'aguzzino sparava a quello più vicino al bordo della voragine, che cadendo trascinava dentro la foiba anche gli altri. Spesso non morivano subito, ma dopo atroci dolori o di stenti, ammassati sui cadaveri. Altri furono costretti all'esilio. Quella tragedia riguardò circa 350mila italiani.
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