Attualità
Giornata mondiale del migrante e rifugiato, “Verso un noi sempre più grande”
Riflessione Riccardo Garbetta, direttore dell’Ufficio diocesano Migrantes
Trinitapoli - domenica 26 settembre 2021
Comunicato Stampa
Una nota di Riccardo Garbetta, direttore dell'Ufficio diocesano Migrantes, in occasione della Giornata Mondiale del Migrante e del Rifugiato, che si celebra oggi domenica 26 settembre 2021.
«Mentre siamo ancora alle prese con le restrizioni e i limiti che la pandemia ci ha imposto, ci apprestiamo a vivere la 107a Giornata del Migrante e del rifugiato, il cui tema scelto da papa Francesco è: "Verso un noi sempre più grande". Sì, ma…grande quanto?
Questo lungo periodo di "fragilità" che stiamo vivendo, ci ha mostrato quanto il nostro mondo viva di precarietà laddove pensavamo ci fossero certezze assolute: una salute fisica da poter gestire ed accudire attraverso attività motorie, cura del nostro corpo, del nostro status sociale, vivere quella che credevamo "libertà assoluta" dei nostri spazi e tempi.
Il SARS-CoV-2 ha sconvolto vite, ne ha distrutte centinaia di migliaia, ci ha resi diffidenti verso chi incrociamo per strada, verso chi abita le periferie, quelle stesse che abbiamo abbandonato per rincorrere miti di benessere che vedevamo come sogni da raggiungere e che oggi appunto continuano a restare tali.
In questo contesto così alieno per noi, eppure drammaticamente nostro, la Chiesa ci invita a rivedere il nostro modo di essere società così piena di diffidenza ed egoismo, per iniziare ad ampliare i nostri orizzonti alzando lo sguardo verso quelle realtà migratorie che, nonostante i vari lockdown e distanziamenti individuali, sempre continuano a premere ai confini delle nostre idiosincrasie.
In questi anni, caratterizzati da un relativo benessere e da una stanzialità rassicurante, abbiamo veduto popoli a noi troppo vicini fare della mobilità umana l'unica via di salvezza da povertà e violenze.
In questi giorni un'intera nazione cerca una ragione di vivere attraverso una migrazione di massa che ha pochi precedenti nell'epoca moderna.
Molti, moltissimi di noi si sono quasi risvegliati, dopo una estate convulsa e vissuta all'insegna del consumismo più sfrenato, figlio di un lunghissimo periodo di restrizioni e costrizioni sanitarie, con il "problema afgano" che sembra non avere soluzioni nel breve.
Il primo istinto sembra quello di erigere ancora barricate, come ha minacciato la Turchia, idea accarezzata, almeno in teoria, da alcune frange della nostra società.
Ma diventeremmo "prigionieri" delle nostre paure, resi "malati" da quei frutti avvelenati che crescono sulle piante della nostra diffidenza verso l'altro, affibbiandogli di volta in volta l'etichetta di malvagi criminali, untori della peggior specie, "ladri del nostro futuro lavorativo".
E lasceremmo per i sentieri che mai potremmo percorrere, con coloro che cercano realmente una nuova speranza di riscatto per il genere umano, la possibilità di rendere la nostra società davvero ecumenica, di lavorare in maniera "sinodale" per un mondo a misura di tutti noi, figli di un unico Dio, un unico Padre.
Non avremmo l'opportunità di curare il Creato, noi, che ancora oggi e adesso stiamo cercando in tutti i modi di abbruttire con i nostri esasperanti sforzi per competere nella corsa inconscia al nostro benessere e alla sua distruzione.
Gli orientamenti pastorali continueranno a guidare la nostra crescita sinodale; le esortazioni del nostro vescovo don Leonardo ci parlano di un interesse che si amplia, di una visione di insieme che pone l'accento, oltre che sulle povertà (un interesse su cui MAI dobbiamo far calare la nostra attenzione), anche sulle famiglie e sui giovani, che con le loro vite colme di quesiti esistenziali su un futuro tutto da realizzare, chiedono risposte su come divenire aperti dinanzi ad un mondo che mai è stato così fortemente influenzato da eventi di mutazione sociale globale, soprattutto dalla mobilità umana.
Papa Francesco ha sottolineato quanto sia stato universale il progetto della Creazione: siamo stati pensati per un "noi", tutto ci è stato affidato in quanto tali: saremo beati solo rimanendo in quel "noi" che continua ad offrire, per amore, il bicchiere d'acqua agli ultimi, agli indifesi del mondo.
Loro, i piccoli, gli indifesi dei quali ci parla il Vangelo di Marco, che ascoltiamo nel giorno dedicato a tutti i migranti e rifugiati del mondo, hanno già fatto il primo passo per divenire quel "noi" e hanno paure da scacciare e speranze da coltivare: sta a noi compiere quel piccolo passo verso l'incontro e l'accoglienza!»
«Mentre siamo ancora alle prese con le restrizioni e i limiti che la pandemia ci ha imposto, ci apprestiamo a vivere la 107a Giornata del Migrante e del rifugiato, il cui tema scelto da papa Francesco è: "Verso un noi sempre più grande". Sì, ma…grande quanto?
Questo lungo periodo di "fragilità" che stiamo vivendo, ci ha mostrato quanto il nostro mondo viva di precarietà laddove pensavamo ci fossero certezze assolute: una salute fisica da poter gestire ed accudire attraverso attività motorie, cura del nostro corpo, del nostro status sociale, vivere quella che credevamo "libertà assoluta" dei nostri spazi e tempi.
Il SARS-CoV-2 ha sconvolto vite, ne ha distrutte centinaia di migliaia, ci ha resi diffidenti verso chi incrociamo per strada, verso chi abita le periferie, quelle stesse che abbiamo abbandonato per rincorrere miti di benessere che vedevamo come sogni da raggiungere e che oggi appunto continuano a restare tali.
In questo contesto così alieno per noi, eppure drammaticamente nostro, la Chiesa ci invita a rivedere il nostro modo di essere società così piena di diffidenza ed egoismo, per iniziare ad ampliare i nostri orizzonti alzando lo sguardo verso quelle realtà migratorie che, nonostante i vari lockdown e distanziamenti individuali, sempre continuano a premere ai confini delle nostre idiosincrasie.
In questi anni, caratterizzati da un relativo benessere e da una stanzialità rassicurante, abbiamo veduto popoli a noi troppo vicini fare della mobilità umana l'unica via di salvezza da povertà e violenze.
In questi giorni un'intera nazione cerca una ragione di vivere attraverso una migrazione di massa che ha pochi precedenti nell'epoca moderna.
Molti, moltissimi di noi si sono quasi risvegliati, dopo una estate convulsa e vissuta all'insegna del consumismo più sfrenato, figlio di un lunghissimo periodo di restrizioni e costrizioni sanitarie, con il "problema afgano" che sembra non avere soluzioni nel breve.
Il primo istinto sembra quello di erigere ancora barricate, come ha minacciato la Turchia, idea accarezzata, almeno in teoria, da alcune frange della nostra società.
Ma diventeremmo "prigionieri" delle nostre paure, resi "malati" da quei frutti avvelenati che crescono sulle piante della nostra diffidenza verso l'altro, affibbiandogli di volta in volta l'etichetta di malvagi criminali, untori della peggior specie, "ladri del nostro futuro lavorativo".
E lasceremmo per i sentieri che mai potremmo percorrere, con coloro che cercano realmente una nuova speranza di riscatto per il genere umano, la possibilità di rendere la nostra società davvero ecumenica, di lavorare in maniera "sinodale" per un mondo a misura di tutti noi, figli di un unico Dio, un unico Padre.
Non avremmo l'opportunità di curare il Creato, noi, che ancora oggi e adesso stiamo cercando in tutti i modi di abbruttire con i nostri esasperanti sforzi per competere nella corsa inconscia al nostro benessere e alla sua distruzione.
Gli orientamenti pastorali continueranno a guidare la nostra crescita sinodale; le esortazioni del nostro vescovo don Leonardo ci parlano di un interesse che si amplia, di una visione di insieme che pone l'accento, oltre che sulle povertà (un interesse su cui MAI dobbiamo far calare la nostra attenzione), anche sulle famiglie e sui giovani, che con le loro vite colme di quesiti esistenziali su un futuro tutto da realizzare, chiedono risposte su come divenire aperti dinanzi ad un mondo che mai è stato così fortemente influenzato da eventi di mutazione sociale globale, soprattutto dalla mobilità umana.
Papa Francesco ha sottolineato quanto sia stato universale il progetto della Creazione: siamo stati pensati per un "noi", tutto ci è stato affidato in quanto tali: saremo beati solo rimanendo in quel "noi" che continua ad offrire, per amore, il bicchiere d'acqua agli ultimi, agli indifesi del mondo.
Loro, i piccoli, gli indifesi dei quali ci parla il Vangelo di Marco, che ascoltiamo nel giorno dedicato a tutti i migranti e rifugiati del mondo, hanno già fatto il primo passo per divenire quel "noi" e hanno paure da scacciare e speranze da coltivare: sta a noi compiere quel piccolo passo verso l'incontro e l'accoglienza!»